Qualche giorno fa gli assessori di 11 città italiane sono stati convocati a Bologna per discutere dell’emergenza abitativa nelle loro città e, da quanto apparso sui giornali, sembra che la causa di tutti i mali sia la categoria degli affitti brevi.
“Nel 2022 la Federazione F.A.R.E. aveva chiesto un incontro con molte delle Istituzioni delle città che si sono riunite a Bologna ma senza riscontro – afferma il Presidente di F.A.R.E. Delia di Maio – e siamo pronti a richiederlo nuovamente per ribadire che i problemi che stanno sollevando i Sindaci sono dettati da ben altri fattori, e non certo dal fenomeno degli affitti brevi. Ci duole nuovamente constatare che, tranne in pochissimi e sporadici casi, non c’è stato alcun tipo di dialogo e confronto con la categoria e non ne comprendiamo le motivazioni”.
“Abbiamo da poco preso parte al Tavolo di confronto convocato dal Ministro del Turismo incentrato sulle Locazioni Brevi, e tutte le realtà presenti hanno ribadito la necessità di far partire quanto prima la Banca Dati Nazionale e il Codice Identificativo nazionale, due strumenti che forniranno dati numerici più realistici e dai quali si deve partire per capire il reale andamento del fenomeno degli affitti brevi e non solo – continua il Presidente di F.A.R.E. – perché è troppo facile puntare il dito sulla categoria come la causa di tutti i problemi. Il diritto della proprietà privata è sacro, ed è indispensabile distinguere tra il privato cittadino che loca un appartamento di proprietà, o parte di esso, dalle società che gestiscono numeri elevati di appartamenti. In questo momento serve lavorare tutti nella stessa direzione e rendere operativi questi due strumenti quanto prima”.
“Altro aspetto fondamentale sul quale tutti, Associazioni e Istituzioni, dovremmo lavorare è quello di obbligare le OTA a pubblicare solo annunci di strutture provviste di Codice ma questo aspetto pare non interessi ai Sindaci; se non raggiungiamo rapidamente questo obiettivo, qualsiasi limitazione temporale o numerica proposta non avrebbe alcun senso perché il mercato della richiesta turistica si muove al 90% su queste piattaforme, e senza un controllo continueranno ad esserci annunci di strutture non tracciabili e che non hanno alcun titolo per ospitare”.
“Vogliamo anche far presente a queste Istituzioni, così come abbiamo fatto in precedenza nel caso emblematico di Venezia e più recentemente con il Ministro, che il fenomeno dello spopolamento dei centri storici di alcune città italiane è iniziato molto prima dello sviluppo delle locazioni brevi in Italia, ed è stato dettato da molteplici fattori, primo fra tutti il cambiamento naturale e fisiologico dello stile di vita delle famiglie: – continua Di Maio – le esigenze sono cambiate e vengono preferiti i quartieri forniti di servizi di trasporto funzionali, scuole e asili nido, negozi di vario genere, parcheggi, senza sottovalutare che i canoni di locazione delle abitazioni collocate nelle periferie sono da sempre stati in media più bassi di quelle localizzate al centro; l’aumento del costo della vita ha indotto sempre più famiglie a spostarsi per riuscire a far quadrare i conti a fine mese. Siamo davvero sicuri che le famiglie vogliono tornare a vivere nei centri storici? Gli affitti brevi non hanno spopolato ma rivitalizzato i centri storici, dando nuova linfa all’economia diffusa di questi quartieri”.
“In Italia chi loca un appartamento non ha alcuna garanzia per gli inquilini morosi – che per l’attuale congiuntura sono sempre di più – e le procedure di sfratto sono sempre molto lunghe e farraginose: ci vogliono anni prima di poter rientrare in possesso del proprio immobile, senza considerare le condizioni in cui viene lasciato e le spese da sostenere per ripristinarlo: una possibile soluzione sarebbe tutelare chi loca, e non proporre l’obbligo di ” licenze” per poter esercitare il diritto della proprietà privata, cioè l’utilizzo del proprio immobile come più opportuno e nel rispetto delle normative civilistiche già esistenti.
E non dimentichiamo che tra gli appartamenti sottratti alla residenzialità (secondo l’ISTAT gli immobili sfitti nel 2019 in Italia erano oltre 6,5 milioni) si trovano anche gli innumerevoli immobili sfitti di Enti pubblici e di edilizia popolare”.
“Il problema è quindi complesso e vasto – conclude il Presidente di F.A.R.E., e non si risolve puntando il dito ma attraverso una attenta analisi a 360 gradi, ascoltando le categorie coinvolte e con una cabina di regia unica e centrale, e non dando potere e discrezionalità ai singoli Sindaci: chiediamo nuovamente un incontro, sperando stavolta di essere ascoltati perchè se si dovesse ignorare per l’ennesima volta la categoria questo ci farebbe pensare che le soluzioni proposte sono state fatte per danneggiare un settore a vantaggio di altri”.